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PSICOTERAPIA Psicoterapia cognitivo-comportamentale

Ansia e Attacchi di Panico

La paura è considerata come la più primitiva e fondamentale delle emozioni umane. Fu Charles Darwin nel 1872, che per primo mise in evidenza le radici primitive della paura: “Possiamo credere che fin da un tempo remotissimo”, scriveva, “la paura sia stata espressa dall’uomo in una maniera quasi identica a quella di oggi”. La maggioranza degli altri animali della Terra, infatti, condivide con noi le reazioni involontarie alle minacce. Tali reazioni sono state selezionate nel corso dell’evoluzione per permetterci di sopravvivere. Gli occhi si spalancano, l’udito si acuisce, il cuore batte veloce, il respiro diventa affannoso o si blocca in gola. Tentiamo di nasconderci, o di fuggire, o ancora spinti dall’adrenalina ingaggiamo una lotta. Sono reazioni istintive, davanti ad una minaccia il nostro corpo prende il controllo e va avanti con il pilota automatico. Sembra semplice, ma nell’essere umano queste reazioni possono essere originate da diverse situazioni, più o meno razionalmente minacciose. Pensiamo per esempio a Charlie Brown, alla sua perenne aria stressata e alle sue preoccupazioni che spaziano dalla squadra di baseball, alla scuola, fino al suo strano bracchetto Snoopy. Charlie è sempre impegnato a prevenire i possibili problemi e questo lo lascia incessantemente agitato e logorato dall’ansia. 

Se la paura e la preoccupazione fanno capo a qualcosa di ben definito (una minaccia che abbiamo davanti o che presagiamo di affrontare), l’ansia ronza intorno al buffet dei problemi umani, posandosi su un problema ordinario e trasformandolo in una serie infinita di visioni catastrofiche. Tutti ne facciamo esperienza in continuazione seppure in misura e con frequenza molto variabile. L’ansia è una dimensione inevitabile del vivere umano con cui è necessario confrontarsi quotidianamente. È un fenomeno complesso, avvertito come una sensazione di attesa di qualcosa d’indefinito e spiacevole, una sorta di incombenza minacciosa, una irrequietezza psichica non identificabile né definibile con precisione. Forse ci vengono in mente certi personaggi sudaticci e balbettanti, come Jack Lemmon in A qualcuno piace caldo e Woody Allen (in praticamente tutti i suoi film), irritabili, debilitati e vacillanti che immaginano di continuo le peggiori situazioni possibili; viene facile concludere che l’ansia non fa al caso dei vincenti, non è per le persone felici. Tuttavia la reazione di allarme, come abbiamo visto nelle sue radici più primitive, ha una funzione adattiva. È ampiamente dimostrato il rapporto tra ansia e prestazione. Ad una livello basso di ansia corrisponde spesso una prestazione di livello altrettanto basso. Con l’aumentare dell’ansia aumenta la performance, migliora la qualità della prestazione fino ad un livello ottimale. Semmai è l’ulteriore aumento dell’ansia che comporta effetti negativi sulle prestazioni che decrescono progressivamente fino al punto di massima ansia che corrisponde all’impossibilità di ogni prestazione, alla paralisi. Entro certi limiti l’ansia, quindi, è utile, anzi, necessaria. 

Ansia eccessiva e Attacchi di Panico

L’ansia cessa la sua funzione vantaggiosa quando eccede, quando ci blocca nelle direzioni esistenziali di valore per noi. L’esperienza dell’ansia, infatti, può avere intensità variabili, da un lieve senso di irrequietezza e di indefinito malessere generale a uno stato di tensione interno fino a forme acute di panico. Nelle forme più lievi il soggetto si sente a disagio, inquieto, teso, insoddisfatto. Avverte un senso di tensione che non riesce a giustificare. Nelle forme più gravi si possono provare sensazioni di irrealtà e di sbandamento o di vertigine, come se le gambe non reggessero e si perdesse il senso dell’equilibrio. Il panico è la forma più acuta, più intensa e più nettamente circoscrivibile temporalmente. Ha spesso la caratteristica della crisi nel senso di una insorgenza rapida e improvvisa. Gli attacchi di panico sono infatti episodi repentina e soffocante paura, accompagnati da sintomi somatici, come tachicardia e sudorazione e da sintomi cognitivi. Pensieri come “Sto per morire”, “Sto per impazzire” attraversano spesso la mente di chi si trova a vivere un attacco di panico, che seppur di breve durata, risulta essere un evento molto destabilizzante. Questo porta in alcuni casi a sviluppare un vero e proprio Disturbo di Panico, con più episodi di panico, spesso inaspettati ma anche legati a situazioni specifiche. Dopo il primo attacco in genere è frequente, e comprensibile, che si sviluppi una forte preoccupazione che genera uno stato costante di allerta. Un pensiero comune in chi soffre di attacchi di panico è “Può risuccedere da un momento all’altro” e porta i soggetti a permanere in uno stato di tensione costante, in una sorta di ansia anticipatoria, di “paura della paura” che porta ad aumentare i livelli di stress e quindi favorire futuri attacchi. Si instaura quindi un circolo vizioso, dove è la “paura di avere un attacco di panico” che alimenta l’ansia e favorisce nuovi attacchi. 

Ci si si trova rapidamente intrappolati in questo intreccio che spesso si porta dietro la cosiddetta agorafobia, cioè l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico inaspettato. In questo caso il disturbo ci porta via un’altra importante fetta di libertà, inducendo evitamenti di situazioni, magari anche allettanti, e riducendo piano piano la nostra autonomia. 

Terapia Cognitivo Comportamentale degli attacchi di panico

L’esperienza personale di una forma così aggressiva di ansia spazia ovviamente molto, ma come per gli altri disturbi d’ansia, la Terapia Cognitivo-Comportamentale è un valido ed efficace aiuto per affrontare il Disturbo di Panico. Le linee guida internazionali suggeriscono infatti questo tipo di approccio come prima scelta per il Disturbo di Panico, raccomandando l’intervento cognitivo-comportamentale ancor prima dell’intervento farmacologico, valido affiancamento nei casi più gravi. 

Potremmo riassumere gli obiettivi della TCC per il disturbo di panico in alcune aree fondamentali. La prima riguarda l’identificazione di e l’intervento su quelle fonti di stress che la persona si trova ad affrontare nel momento di insorgenza del panico. Possono essere infatti molte le cause del disturbo, non ultime alcune situazioni di faticosa gestione, che tutti ci possiamo trovare ad affrontare (cambiamenti di vita, lutti, perdite, malattie fisiche). In seconda battuta risulta fondamentale aumentare la tolleranza alle emozioni disturbanti che il panico si porta con sé e alle sensazioni fisiche che risultano solitamente allarmanti. Per questo la Mindfulness risulta essere uno strumento molto valido, allenandoci ad assumente un atteggiamento di apertura all’esperienza che abbassa le sensazioni di allarme, facilita l’insorgenza di un graduale senso di sicurezza anche in presenza di vissuti disagevoli. Inoltre si lavora per indebolire l’interpretazione catastrofica di quegli stati fisici che arrivano inaspettatamente e generano preoccupazione al minimo segnale, incrementando al contempo la capacità di rivalutarli e depotenziarli. Infine si lavora per eliminare gradualmente l’evitamento e i comportamenti protettivi che come abbiamo visto minano la nostra possibilità di sentirci autonomi nella vita di tutti i giorni.

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